Mangiare selvatico

Foraging; il trend di raccogliere e cucinare le erbe spontanee

Master MaSRA
Domino Gazette

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Figura 1: Post instagram René Redzepi, piante commestibili spontanee della Danimarca

Per foraging, s’intende la pratica di andare per campi e boschi a raccogliere piante aromatiche, funghi, bacche ed erbe commestibili. Un’attività dov’ è necessaria una grande conoscenza e consapevolezza nel riconoscere le piante per evitare quelle tossiche. Un trend molto in voga negli ultimi anni ma che in realtà ha origini molto antiche, una pratica nata prima dell’agricoltura, nel periodo in cui l’uomo era cacciatore-raccoglitore e si cibava di ciò che trovava intorno a lui.

In italiano il termine utilizzato è l’Alimurgia, che deriva dalla contrazione del latino “alimenta urgentia”, ovvero il nutrimento in caso di necessità e di carestia a cui si può aggiungere il prefisso fito per specificare che si tratta di piante. La prima comparsa ufficiale della parola fu nel 1767 quando venne pubblicato il libro “De alimenti urgentia” scritto dal medico e naturalista fiorentino Giovanni Targiotti-Tozzetti, sopravvissuto alla grande carestia del 1764 e che scrisse questo libro allo scopo di aiutare la popolazione in momenti di carestia. Saper riconoscere e trasformare le piante era molto importante prima che nascesse la medicina moderna, soprattutto per quelle officinali che possiedono proprietà nutrizionali e terapeutiche di tipo digestivo, carminativo, sedativo, antinfiammatorio e molte altre.

Il foraging è una pratica che permette di entrare in contatto con la natura ed approfondire la conoscenza delle piante che caratterizzano un certo territorio. Queste sono legate a realtà rurali e contadine ed è importante all’inizio farsi accompagnare all’interno della pratica da qualcuno di esperto, sia per motivi di salute che per il modo in cui si pratica, che deve essere nel rispetto dell’ambiente e del mantenimento della biodiversità.

Foraging, chef stellati e nuove app

Il foraging è una pratica di tendenza negli ultimi anni, in seguito alla dichiarazione dello chef stellato René Redzepi, del ristorante Noma a Copenhagen, che ha raccontato in occasione di un’intervista come l’utilizzo delle piante spontanee nei suoi piatti abbia reso il Noma uno dei migliori ristoranti al mondo. Un’attività che ha aiutato Redzepi stesso, originario della Macedonia del nord, a connettersi con il territorio Danese. Un esempio della cosiddetta New Nordic Cuisine, in cui la sua concezione di cucina mira a contrastare l’omologazione dei sapori, attraverso un utilizzo di prodotti locali, etici, sostenibili e rispettosi della stagionalità.

Intervista a René Redzepi del ristorante Noma

Recentemente dato il crescente interesse verso il foraging, lo chef ha creato l’app Vild Mad, il cui nome significa “cibo selvatico” in danese. Per la creazione ci sono voluti circa 3 anni ed è disponibile sia in inglese che in danese e permette agli utenti di imparare a fare foraging, indicando quali piante è possibile consumare. L’app è utilizzata anche in alcuni programmi scolastici danesi e come affiancamento in workshop sul tema.

Esistono anche altre app per il riconoscimento delle piante, come Plantnet, che scattando una fotografia alla pianta d’interesse, permette di ottenere: nome scientifico, origine e descrizione.

La New Nordic Cuisine, ha influenzato successivamente altri grandi chef come nel caso del ristorante ad una Stella Michelin, Gardenia, a Caluso, la cui chef Mariangela Susigan appassionata di foraging, ha iniziato a caratterizzare la sua cucina mediante l’utilizzo di erbe spontanee, usando in maniera unica più di 50 erbe, che raccoglie lei stessa nelle vallate circostanti la sua attività.

Michael Ploner, giovane chef tirolese del ristorante dell’Hotel Central Nauders in Austria, in seguito alla sua esperienza al Noma, ha deciso di continuare l’attività di foraging anche tra le sue montagne per creare piatti innovativi.

Un altro caso è quello dell’Azienda Erba Regina, un agriturismo nato circa 10 anni fa nella zona di Frascati nel Lazio, dove si coltivano erbe officinali, erbe spontanee che si trasformano in tisane e olii essenziali. Le conoscenze custodite in azienda vengono messe a disposizione tramite corsi per bambini e persone con fragilità. Le erbe raccolte si cucinano attraverso piatti creati appositamente per il ristorante dell’agriturismo. Una realtà molto interessante che ho avuto il piacere di conoscere da vicino. Parlando con la fondatrice dell’azienda Regina, ho potuto approfondirne alcuni aspetti:

Quando hai iniziato a raccogliere le erbe?

Mi sono avvicinata alle erbe spontanee circa 10 anni fa, quando ho deciso di smettere di fare il lavoro che stavo facendo nel mondo imprenditoriale e del management. Non conoscevo affatto il foraging ma ho sentito che dovevo cambiare qualcosa nella mia vita, avevo un’attrazione verso la natura e i ritmi della campagna, cosi ho deciso di aprire questo agriturismo Erba Regina, in un territorio, i Castelli Romani, dove c’è una grande tradizione di raccolta delle erbe spontanee.

Figura 4: Regina e le sue erbe spontanee

Come mai ti sei appassionata alla pratica? Chi ti ha insegnato?

Mi sono appassionata, grazie a una signora calabrese che era esperta di erbe spontanee e che mi ha introdotto in questo mondo che m’incuriosiva molto. É stato come un ritorno all’infanzia con ricordi di mia madre che in Veneto mi preparava zuppe e decotti con alcune erbe spontanee del territorio. Un ritorno alle cose semplici, un recupero delle memorie passate, è quello che mi ha attratto di più di questo mondo. Ho dovuto studiare tanto, e se da una parte ci sono poche informazioni su internet, esistono invece molti libri sulle piante. Non si finisce mai d’imparare, sono tantissime le varietà di piante esistenti. Nel tempo mi è venuta “l’erbite”, una vera e propria ossessione per le piante, perché una volta che si comincia ad andare per campi a raccogliere e creare ricette e cucinare, si diventa sempre più desiderosi di conoscerne altre.

Che tipo di erbe trovi nella zona di Frascati?

Ce ne sono tantissime e dipende anche dal periodo dell’anno, per esempio qui si trova molta erba misticanza da usare come insalata, l’amaranto, la parietaria, il tarassaco, il farianello, la mentuccia romana, la borragine, la malva, la cicoria selvatica, la porcacchia, la salicornia e molte altre. Alcune di queste si trovano anche in altre regioni ma spesso hanno altri nomi, quindi li sta la difficoltà nel riconoscerle.

Pensi che negli ultimi anni ci sia stato un effettivo cambio di interesse nei confronti delle piante spontanee da parte delle persone e dei ristoratori?

Assolutamente si, 10 anni fa quando cominciai io, molti non conoscevano questa pratica ma negli ultimi anni le persone si sono incuriosite sempre di più e mi chiedono di portarli in giro a fare foraging per insegnargli quali sono le piante edibili. Nella mia azienda produciamo anche erbe di tipo spontaneo, aromatiche officinali, molto richieste dagli chef stellati con cui collaboro. Gli chef stanno evolvendo in questo senso, vengono qui e vogliono conoscere e imparare di più su questo mondo, mentre alcuni insegnano a me certe cose e tra di noi si crea un bello scambio di idee sull’utilizzo di alcune di queste piante in cucina. Prima le erbe spontanee venivano usate solo come guarnizione dei piatti, come con i fiori nasturzi, ora sono diventate parte integrante del piatto, come esempio di territorialità e biodiversità di un luogo. Il mio prossimo progetto è quello delle “malerbe in tavola”, fare delle lezioni di foraging e poi spiegare come conservare e trasformare queste piante, attraverso ricette, essiccazione, olii essenziali ecc…

Figura 5: ravioli alle erbe di Erba Regina

Eventi e food lab

Con il diffondersi della pratica sono nati anche eventi dedicati alla tutela delle piante selvatiche, come la Local Wild Food Challenge che si è tenuta, nel Castello di Verduno, nelle Langhe. Evento supportato da Slow Food e l’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, con l’obiettivo a livello internazionale di avvicinare alla natura sia i cuochi che le persone, ponendo l’accento sul rispetto dell’ambiente e della biodiversità locale.

Sono inoltre nati negli anni laboratori dedicati, come Wood*ing -wild food lab, che si occupa di ricerca e sperimentazione sull’utilizzo di cibo selvatico per l’alimentazione e nutrizione umana. Il Wood*ing -wild food lab è stato fondato nel 2010 dalla chef e forager Valeria Mosca, che lavora a stretto contatto con diverse organizzazioni, nazionali ed internazionali, coinvolte nella ricerca legata all’alimentazione sostenibile e all’ambiente come Mountain Wilderness, ERSAF, Legambiente, Nordic Food Lab.

Figura 3: Valeria Mosca che pratica urban foraging a Roma

Questo è il primo progetto al mondo che lavora solo con piante selvatiche, dove viene fatta ricerca per la formazione professionale, con la creazione della prima foraging academy internazionale, con corsi di cucina selvatica e di conservazione e fermentazione degli alimenti, attività divulgative di degustazione legate sia alla gastronomia che alla miscelazione.

Era il 2017 quando viene inaugurato a Milano il Wood*ing bar, il primo bar botanico al mondo, dove vengono serviti piatti e cocktail a base di erbe selvatiche.

Il mondo delle erbe spontanee è sicuramente una realtà interessante e affascinante che connette con il territorio e la natura circostante, ma bisogna tenere a mente che solo attraverso un’adeguata preparazione è possibile svolgere attività di foraging e di consumo di piante selvatiche.

Edmée Nicolis Di Robilant

Edmée di Robilant è una studentessa di Roma di 25 anni, laureata in Scienze Gastronomiche all’Università di Pollenzo e in procinto di concludendo il Master MaSRA. Si considera una gastronoma con una visione olistica del cibo, con particolare attenzione verso l’impatto ambientale e sociale dei vari sistemi alimentari. Appassionata di vino, in futuro vorrebbe lavorare nel mondo della enogastronomia.

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Master in Sostenibilità Socio-Ambientale delle Reti Agro-Alimentari dell’Università degli Studi di Torino